UNDEGROUND LIFE. LA VITA SOTTERRANEA.
1977. Quando l’Italia era diversa. / I giorni dell’IRA. / Gli anni Ottanta.
1977. Quando l’Italia era diversa.
Quando cominciarono era il 1977.
Tanto l’Italia quanto il mondo intero erano completamente diversi da quello che sono oggi, seppure nel suo significato profondo, sia questo Paese quanto tutto il resto, al mondo, sotto lo sguardo della storia, somiglia sempre a sé stesso.
C’erano guerre, ci sono guerre, il medio oriente era in fiamme, la fiamma si è estesa, la politica la gestiva in buona parte cosa nostra, oggi è elettivamente parte di essa, e così via.
Dunque in cosa cambiava? Sfumature. L’Italia di allora, disattenta o meglio quasi del tutto ignorante rispetto alle avanguardie culturali, di certo rispetto a quelle musicali, distratta dallo sfilacciamento della politica, inquinata per di più dal terrorismo di destra e di sinistra, drogata dalla televisione di stato, sapeva guardare solo agli aspetti più variopinti e superficiali di un qualunque fenomeno. Diciamo che oggi è lo stesso, per altri versi è anche peggio, ma ci piace immaginare che vi siano più risorse alternative di un tempo per valutare la realtà. É un’opportunità, non una realtà diffusa, ma almeno esiste, finché tiene, la possibilità di far circolate per canali alternativi a quelli ufficiali una visione altra di come stanno le cose.
Allora diciamo semplicemente che in generale oggi il mondo è meno ignorante, ma anche così non si inquadra bene il problema della differenza tra allora e oggi. Forse ciò che oggi si intende per “cultura” ieri era più imbalsamato all’interno di canoni e standard intoccabili, come lo erano determinate discipline che mai e poi mai avrebbero potuto inquinarsi con altre forme espressive considerate ‘meno nobili’. Da noi quasi nessuno riusciva a credere che potesse nascere un modo differente di intendere l’arte musicale fondendola con altre discipline artistiche, di più, che si potesse impegnarsi per la nascita di una via della musica italiana liberata dagli schemi ormai sterili della cosiddetta “canzone impegnata” (che peraltro era sempre meno impegnata), da una parte e dall’altra dal giogo irrinunciabile della musica d’evasione.
Passata la ventata innovativa degli anni sessanta e dei primi settanta, la scena di una nuova musica italiana doveva ancora rinascere, o forse nascere tout court, e la discografia era gestita con criteri che sarebbe riduttivo definire retrogradi. Se può aiutare a immaginare il clima nel quale si lavorava, va detto solo che niente sembrava possibile. Niente. Persino trovare uno spazio dove provare era una impresa vicino all’eroico. Ossia, se non disponevi di spazi di tua proprietà, nessuno era disposto ad affittarti un luogo dove esercitare discipline musicali, e queste potevano trovare spazio quasi unicamente presso accademie, scuole di musica, conservatori, rigorosamente improntate al più bieco conservatorismo.
La vita sotterranea.
Alla partenza dell’esperienza i componenti il gruppo erano davvero molto giovani, tra i sedici e i diciotto anni, giovani di quella giovinezza che fa agire anche in assenza di un vero programma. Fu messo insieme tutto quello che amavano vivendolo come elezione massima: le avanguardie di ogni tipo, quelle presenti e quelle, più romantiche, del passato. Si fece una fusione rovente di musica, letteratura, pittura, cinema e teatro underground.
Così nacque la vita sotterranea. In un box doppio nuovo di zecca, di proprietà del primo e fugace tastierista, certo Antonio Cardellicchio, che pure farà in tempo a registrare il primo 45 gg (“Noncurance/Black-Out!” su etichetta Ivoire) il quale possedeva, tra le tante cose, anche un organo.
Le prime prove ufficiali datano 11 Novembre 1977, doveva essere un sabato mattina. Di certo pioveva.
La prima trasferta a Ravenna qualche mese dopo, dalla quale fu subito chiaro chi facesse sul serio e chi avesse pensato di prendere parte a un gioco.
Contrariamente a quanto si crede, gianCarlo Onorato fu l’ultimo ad entrare in formazione, poiché il vero fondatore non fu lui, ma Lorenzo La Torre, batterista, diciassette anni nel ’77, il quale dopo mesi di rodaggio della sua batteria assemblata con pezzi di fortuna, per non continuare a realizzare “covers”, ebbe l’idea di cercare qualcuno che i brani li scrivesse di suo.
Si sapeva di questo elemento isolato, gianCarlo, che pareva fosse in grado di scrivere le canzoni, e quando Lorenzo in compagnia di Paolo Civita, bassista, diciassette anni nel ’77, andò a cercarlo, si preoccuparono subito di accertarsi che le sue non fossero lagne da cantautore. Sistemati alcuni chiarimenti, partirono settimane di tentativi di formazione per arrivare a quel mattino dell’11 novembre.
Soltanto un anno dopo erano in studio di registrazione per la realizzazione del primo 45 gg.; finirono negli studi “Mondial Sound di Milano”, ex studio glorioso che probabilmente era prossimo a chiudere i battenti, il cui ingegnere del suono, rigorosamente incravattato per tutte le sessioni di incisione, faceva molta fatica a capire di che natura fosse ciò che si stava registrando, e prestava molta più attenzione alla tutela delle proprie strumentazioni le quali, a sentire lui, dovevano essere le più preziose del pianeta o più probabilmente le uniche cose che potesse rivendersi di lì a poco.
Qualche mese più tardi, a Londra Rough Trade esponeva in vetrina il primo disco di Underground Life, il 45 giri “Nocurance”/Black-Out!”, con l’approssimativa dicitura: “italian punk rock”. Era nata la più eccitante delle storie rimaste un mito sotterraneo.
Non state a scervellarvi circa il titolo della prima canzone, “Noncurance” è un termine inventato. Così come sono protoneologismi altre parole cantillate da gianCarlo in quella prima prova. L’inglese corretto e il bel canto non erano esattamente il principale obiettivo dell’ensemble.
Seguirono un anno buono di concerti, l’attenzione di tutta la stampa di settore, l’accostamento alla nascita della new-wave, e tutto il resto.
Nato dalla curiosa coincidenza di cali di corrente verificatisi in più circostanze durante dell’esecuzione del brano “Black-Out!”, ci fu l’invezione del Concerto Buio, un concerto durante il quale il pubblico era tenuto nell’oscurità più completa; gli stessi musicisti, vestiti di nero, si muovevano sul palco nel più assoluto buio. Si creò la leggenda.
Nel 1980 già cominciavano a comparire scene artistiche e musicali significative, in particolare a Pordenone e a Bologna. Lo stesso anno il gruppo prendeva le definitive distanze dalla scena milanese.
Il ritorno in studio per “Fiori del Male”, leggendario “disco” mai circolato se non su Musicassetta, segnò tuttavia un passo decisivo, poiché si tratta di uno dei primi progetti interamente in italiano in uno scenario musicale esterofilo e provinciale, che ostentava la dipendenza totale dalla lingua inglese, problema in verità mai sentito dalle parti di UL.
Nel 1981 vengono notati dal regista di moda Sergio Salerni e condotti in studio per la produzione di un Album. Ingaggiato come produttore Artistico la stella nascente dell’alternativa in musica Faust’O, dopo mesi di tentativi e sessioni di registrazioni mai apparse, il disco, registrato negli esclusivi Studi PDU, noti come “La Basilica” perché ospitati da una Basilica in disuso (di proprietà di Mina e in procinto di trasferirsi da Milano a Lugano), uscì come E.P. (una formula che prevedeva 4 brani), dopo l’abbandono di Faust’O per divergenze con il finanziatore, usciva con la produzione artistica affidata allo stesso gruppo, che si era premurato di finire l’opera in uno Studio meno titolato ma ben più controllabile.
Si trattava di “Cross” (1981), pubblicato dalla neonata Trinciato Forte Records di Salsomaggiore.
Il trionfo sulla stampa specializzata spianò la strada non ai concerti, sempre di ardua realizzazione data la mancanza pressoché totale di locali in grado di sostenere tali realtà, bensì alla firma del primo contratto discografico con una etichetta con distribuzione internazionale e alla realizzazione di un album vero e proprio. Per realizzarlo la nuova formazione si trasferì nella svizzera tedesca, a Kirchberg, un villaggio di collina dove si trovava uno studio che vantava la gestione di un titolare misantropo ed eccentrico, Etienne Conod, il quale aveva lavorato con Dylan e aveva idee sue sia sulla musica sia sul mondo.
Nacque così “The Fox”, (1982, Suono/Panarecords) e quello che fu l’ultimo disco completo registrato nei “Sunrise Studios” da Conod, partito poco dopo per l’Australia alla ricerca di una vita nuova, fu anche il vero biglietto della ufficiale nascita di una realtà artistica italiana che poteva reggere il confronto con l’estero. Stagioni di concerti in Italia e Svizzera, si aprirono i cancelli della Rai per trasmissioni nelle quali, in rigoroso playback, venivano presentati gli esponenti del nuovo rock italiano, interviste nelle principali radio per la curiosità di capire cosa fosse questa fantomatica nuova scena italiana.
Molti concerti, molti allestimenti e performances in cui musica, videoarte, pittura, si fondevano con coraggio.
La realizzazione persino di videoClip che allora erano imprese assurde, non trovando alcuno sbocco di pubblicazione se non presso i rari passaggi televisivi con intervista.
Tutto così, arduo, a sobbalzi, con numerosi e inevitabili cambi di formazione, sino al 1984, quando, tra tanta demagogia, tante parole (sempre le stesse) circa la nascita della nuova musica indipendente, delle etichette indipendenti, sui meeting delle etichette indipendenti eccetera, vengono reclutati dalla neonata I.R.A. Records (per un misterioso motivo tutte le etichette dovevano nominarsi anche da noi “records”) alcuni gruppi considerati la crema del rock di allora.
Tra questi vedono la luce nel disco-compilazione che diverrà emblema storico del rock italico anni ottanta “Catalogne Issue” (1984, I.R.A.) i nomi:
Diaframma, Litfiba, Moda e Underground Life.
I due brani di UL presenti sono: “India” e “Glasarkitektur”.
I giorni dell’IRA.
Come tacere circa la difficoltà a mescolare gli eccentrici perfezionisti (e già con una solida esperienza produttiva alle spalle come quella dei fratelli Onorato), con le forti vedute commerciali dell’agguerritissima quanto superba I.R.A. di Firenze? Condotta da un vero patron, l’Alberto Pirelli che saprà portare al successo i suoi protetti Litfiba, la cui intelligenza aveva sì permesso d’intuire la necessità di investire seriamente su certi talenti colpevolmente ignorati dal mercato ufficiale, ma non concedeva spazi d’azione ad altre teste, la I.R.A. non sarà il trampolino di lancio di UL.
A dispetto dell’affetto sorto tra tutti i musicisti della scuderia (per circa un anno componenti di Litfiba, UL, Moda e Diaframma condivisero una sorta di boheme nel capoluogo toscano, in uno spirito di buona condivisione di dubbi, difficoltà, guai, primi successi), il sogno della creazione della “nuova musica italiana cantata in italiano” come recitava lo slogan col quale era stato lanciato il Catalogo dell’etichetta, si frantumò.
Così, cristallizzandosi l’attenzione dell’I.R.A. quasi esclusivamente su Litfiba, i primi a dichiarare volontà di divorzio furono proprio gli Underground Life.
Bisognava quindi tornare nel rigore asettico e totalmente privo di comunicazione di Milano? Mai e poi mai. Milano, oltre a mancare di un vero organismo che sapesse raccogliere e stimolare i talenti, non era in grado di creare sincero afflato umano tra le persone. Quanto poi a riconoscere d’essere stata preceduta artisticamente da realtà di provincia, appariva impossibile. A Milano in verità, rispetto ad altre realtà artistiche, regnava il nulla. E il nulla strutturale infatti regnò, nonostante la comparsa di grandi singole realtà, mai adeguatamente supportate.
Si resero necessari dunque dei cambiamenti fondamentali.
Trasferimenti prima a Roma, poi in Svizzera, la pubblicazione del Maxi Singolo “Fuoco nella città di ghiaccio” (1985, UL/I.R.A.), avvalendosi della sola distribuzione da parte dell’etichetta toscana, e una lunghissima tournee, probabilmente la più lunga mai condotta dal gruppo monzese in tutta la penisola, instancabilmente, dall’autunno 1985 alla primavera del 1986.
Onorato, che sino a quel momento si avvaleva di prestiti eccellenti per quanto riguarda le chitarre, e sfateremo qui il mito che si era diffuso circa la presunta ricchezza di famiglia Onorato (in verità di origini proletarie) acquista la sua prima personale Fender Telecaster vintage, e importanti investimenti portano il gruppo verso nuovi orizzonti sonori. L’acquisto da parte di Onorato di una seconda rarissima chitarra d’annata, attira l’attenzione su di lui da parte di un collezionista come Alberto Radius; grazie alla pubblicazione di un articolo sullo strumento posseduto da Onorato sulla rivista diretta dal chitarrista storico, avviene l’incontro che porterà alla prima delle produzioni che il chitarrista (allora ex Formula Tre, ex Battisti, ex Battiato) realizzerà per Underground Life.
Il parto si chiamerà “Filosofia dell’Aria” (1987, Target/EMI) creando una vera deflagrazione per la carriera del gruppo, che sino all’anno successivo si metterà in luce come la formazione più attiva tra quelle rimaste rigorosamente ad attività INDIPENDENTE.
L’incisione del disco “Gloria Mundis” (1988, Hiara/CGD), segna ancora un passaggio d’etichetta e la creazione di un nuovo periodo, contraddistinto dal vivo dall’allargamento dell’organico con l’aggiunta di corista, percussionista, sassofonista e l’inserimento di una coreografia, realizzata canzone per canzone dalla danzatrice/attrice Susanna Gozzetti.
Così il disco, che aveva subito un parto davvero triste a dispetto del grande entusiasmo suscitato dal precedente per via di un aneddoto singolare, si rivela dal vivo un trionfo di teatralità nella quale convivono con forza sia la potenza di un rock dirompente e a tratti malinconico, con il distillato rarefatto del reading, e l’invenzione scenica del teatro-danza.
Quanto all’aneddoto, è il seguente: l’ex leader dei leggendari Ultravox, il fascinoso e profondo mister John Foxx, venuto in possesso a Londra di un demo contenente i provini del futuro “Gloria Mundis”, se ne innamora e contatta il gruppo per chiedere di produrne il disco. Seguono settimane di convulse trattative poiché la Virgin italiana, coinvolta dallo stesso Foxx al fine di chiudere un contratto con il gruppo, non solo si dichiara non interessata al connubio, ma nega addirittura all’artista inglese l’esistenza di un vero scenario e terreno musicale italiano che possa giustificare un tale progetto.
Così, se la storia della discografia italiana, indipendente o no che sia, non saprà mai quale sarebbe stato l’esito di una simile collaborazione Onorato/Foxx, conoscerà di certo le stigmate di fanalino di coda d’europa, quale conseguenza di una perenne cecità.
Gli anni Ottanta.
Tra il 1988 e 1990 la formazione intraprende una nutrita attività dal vivo, alternata a continui ma improduttivi rapporti con le maggiori compagnie discografiche, interessate sia alla realtà monzese quanto al generale fermento musicale creatosi nel frattempo in tutto il Paese. Tuttavia, per quanto intense fossero le trattative e numerosi i tentativi, tali sforzi non condussero mai alla stipula di un accordo ritenuto soddisfacente. Così, malgrado gli attestati di stima si sprecassero e il livello di notorietà del gruppo crescesse di continuo, il mito della vita sotterranea si avviava a rimanere una sorta d’esistenza fantasma, parallela e antitetica a quella dell’ufficialità discografica.
Tracce dei notevoli riconoscimenti dovuti a UL sono gli spazi ad esso dedicati già nelle prime edizioni delle enciclopedie del Rock nazionale e internazionale che vedevano la luce nel periodo, i continui inserimenti in palinsesti musicali televisivi e radiofonici di primordine, le copertine di fanzines e riviste specializzate.
Meritevole di menzione la partecipazione a Il Dizionario Della Canzone Italiana, Edito nel 1988 da Armando Curcio Editore, all’interno del quale figurava per la prima volta il gruppo monzese accanto alle firme più blasonate del panorama mondiale.
Il 1990 è l’anno che segnerà sia il futuro dell’esperienza UL, sia quello dei fratelli Onorato, giacché in occasione del decennale dalla pubblicazione di quello che il gruppo stesso ritiene il proprio primo lavoro compiuto, quel “Fiori del Male” datato 1980, come celebrazione e a suggello di una volontà di autodeterminazione, sarà pubblicato il disco-antologia “La Primula Rossa” Raccolta 1979-1990 (1990, Lilium), che rappresenta anche il primo passo mosso dalla neonata Lilium Dischi.
E’ l’inizio di una nuova avventura che, come si può ben intendere, porterà ai nostri giorni.
Le ragioni profonde che spingono alla decisione di pubblicare in proprio tuttavia, non sono unicamente legate al bisogno di indipendenza o all’incapacità di sottostare a regole di mercato ritenute restrittive. Sotto cova una maturata visione dell’universo musicale, non più vissuto come risentita risposta autoctona all’egemonia di un mercato sordo alle novità, bensì come il diritto di godere in proprio dei risultati di tanta coerenza, mettendo a frutto l’esperienza accumulata.
“La Primula Rossa”, volume volutamente rimpinzato di chicche e rarità, voleva altresì essere una risposta ad un altro mercato spinoso, quello delle rarità, nel quale si vendevano (che allora già era fiorente e oggi lo è più che mai) a prezzi esorbitanti le prime pubblicazioni di UL così come di moltissimi altri Artisti le cui opere risultavano di difficile reperibilità. Lo stesso anno vede la nascita di un altro evento destinato a segnare il futuro dei protagonisti di questa vicenda musicale e umana: la comparsa del primo Festival di Musica Indipendente ad opera dei fratelli Enzo, Sandro e gianCarlo Onorato, denominato “Rock Village” e sorto, indovinate un po’, a Monza. Le informazioni sul Festival e ciò che ha significato le rimandiamo allo spazio ad esso dedicato. Ciò che qui va detto è che da quel momento, mentre si organizzerà lentamente il nuovo e definitivo capitolo della discografia della vita sotterranea, non avrà più termine l’attività di ideazione, gestione, produzione di Festivals e Eventi di grande rilievo, così come l’attività discografica dell’Etichetta, ribattezzata Lilium Produzioni, nate proprio da quel primo “Rock Village” e da quel disco la cui prima tiratura andò a ruba in poche settimane.
La lavorazione di un nuovo album, a lungo rimandata, vedrà la luce l’anno seguente, il 1991. Realizzato nuovamente negli studi di Alberto Radius, e con la produzione e l’apporto del chitarrista i cui influssi peseranno sul risultato finale, a dispetto della grande attesa creatasi attorno alla sua uscita, il disco decreta, già durante la sua lavorazione, la volontà di scioglimento del gruppo.
Il lunghissimo tour che seguirà la pubblicazione di “Questo Soave Sabba” (1992, Lilium), durato, tra pause e riprese, quasi un anno e mezzo, e i continui attestati di stima, non cambiano le decisioni prese. Pubblicato in Edizione Speciale, avente come allegato il Racconto “L’Officina dei Gemiti” di gianCarlo Onorato (apparso in Edizione limitata per la celeberrima Collana Millelire di Stampa Alternativa), il disco sarà anche il capitolo d’addio della vita sotterranea.
Già al termine del tour l’intero gruppo fa da caloroso apporto sia umano che musicale all’ingresso in studio di gianCarlo Onorato per il suo esordio come solista, quel “Il Velluto Interiore” (1996, Lilium/Bmg Ricordi) sul retro del quale è rintracciabile un asciutto ma ugualmente malinconico saluto a UL, che vedrà per l’ultima volta la formazione suonare al completo nel brano “Volo in un giro armonico”.
Underground Life.
Esperienza artistica globale, Underground Life è anche una delle più alte espressioni dell’avviluppante incontro tra musica e immagine; teatralità scandita dal ritmo della figurazione, espressione di un tempo ma dal tempo non corrosa.